In concorso al Festival del Cinema c'erano diversi documentari, tra questi voglio ricordarne due, diversissimi, ma entrambi nella categoria "vale la pena".
Il primo, "Città Aperta", era un documentario di documentari, in quanto raccoglieva spezzoni di documentari recuperati dall'archivio dell'Istituto Luce e li metteva insieme raccontando così la Storia d'Italia dal '48 al '68.
Nel montaggio sono stati accuratamente evitati gli episodi di carattere politico, cercando di comporre un racconto che si basasse sull'evoluzione della vita sociale, letteraria ed artistica dell'Italia di quegli anni, con a margine gli avvenimenti politici, che pur quella vita avevano influenzato.
E' stato molto emozionante, perché ho potuto vedere Ungaretti fare lezione alla Sapienza, Moravia con Elsa Morante e poi, dopo qualche anno, con la giovane scrittrice Dacia Maraini. Trilussa che legge una sua poesia in romanesco. E poi la dolce vita di via Veneto, l'origine del nome Paparazzo, Mastroianni, Fellini. E poi gli artisti, Picasso, le nuove correnti, Saba che legge i suoi scritti, Pasolini che semina scompiglio con i suoi film.
Ma poi tanta gente comune, che accoglie festante l'arrivo degli americani a Roma, dopo le sofferenze disseminate dalla dominazione fascista, la gente che cerca nelle feste danzanti di dimenticare la guerra. La polvere e la distruzione da cui nasce, grazie alla forza di tutti, il miracolo italiano.
Una vera full immersion nella storia di quello che non è Storia, perché non è scritto sui libri, ma al tempo stesso è storia, perché è accaduto ed è anche stato immortalato.
Il secondo documentario, "Improvvisamente l'inverno scorso", invece, tratta dell'infinita avventura dei Di.Co., è girato da una coppia di registi gay, coppia sia in senso professionale, che personale: Gustav & Luca.
Difficile descriverlo, in quanto questo è si formato da spezzoni di telegiornali o trasmissioni televisive varie, ma anche da interviste che i due fanno in giro per Roma nei giorni "critici" delle manifestazioni pro e contro i Di.Co, interviste a politici cattolici, suore, CL, persone che credono di possedere la verità rivelata; il tutto intervallato da "siparietti" presi dalla loro vita comune.
Credo, infatti, che la cosa più bella del documentario sia il fatto che, oltre a scorrere leggero, sia intervallato dai dialoghi dei protagonisti: Gustav, sempre speranzoso, infaticabile, pieno di fiducia, ottimista e Luca , invece, più disilluso, stanco di andare ai "family day", più distaccato, realista.
Luca sa che i Di.Co. non verranno mai approvati, Gustav non lo sa, perché non è italiano e crede alle Istituzioni, ai diritti che vanno rispettati, al bene che vince sempre.
Come quando ad un corteo di estrema destra, Gustav rivendica il diritto degli omosessuali ad una tutela e svela di stare insieme a Luca da otto anni e viene zittito ed invitato ad andare a casa e lui vuole rimanere perché, dice, non ha fatto nulla di male, è un libero cittadino, in un luogo pubblico. Alla fine, ormai lontani dal "pericolo scampato", Luca lo rimprovera, perché ha corso un grosso rischio, quello di essere pestato, ma Gustav non lo sa, o forse non vuole accettare, forse pensa di essere ancora in Svezia. La cosa più bella del documentario è proprio la dinamica della relazione tra i due, registi e protagonisti, risultano subito simpatici e non si riesce proprio a non solidarizzare con loro e quindi, anche se conosci la fine della storia, speri che finisca in un'altro modo, che alla fine sia Gustav ad avere ragione, che il bene trionferà, ma non è un film, è un documentario sull'Italia, e quindi è Luca ad avere ragione. Il lieto fine però c'è lo stesso, ma non ve lo dico, per non rovinarvi la sorpresa.
mercoledì 28 gennaio 2009
Cronache dall'ItaliaFilmFest: Documentari
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