mercoledì 8 settembre 2010

Vienna, where the dreams come true

Questo è un post che dovrebbe iniziare con la frase: "Non avrei mai pensato di scrivere questa pagina..." e invece non può iniziare così perché, invece, ci ho pensato un sacco di volte, un sacco di volte ho immaginato cosa avrei scritto, quali parole avrei usato per rendere tangibile la mia gioia.
Ieri è successo, abbiamo vinto il best paper, quello che tutti i ricercatori, ad ogni conferenza, sperano di ricevere.
Questa è la storia, si va in taxi alla cena sociale, un po' per pigrizia, un po' per giocare a "fare i signori", noi 4, un quartetto perfetto. Claudio si addormenta in macchina, Fabio non è preparato come al solito e Florian sempre sorridente. E io? Io mi lamento (come al solito :), del fatto che i computer scientist siano così geek, quando vincono i best paper, sono sempre così odiosamente composti, come se non avessero sudato giorni e giorni per raggiungere quel traguardo.
"se io vincessi il best paper" dico "piangerei, ringrazierei il mondo, i miei cari, tipo la premiazione degli oscar, non andrei mica lì con la faccia seria a ringraziare come se fosse una cosa *normale*".
Arriviamo alla cena, un posto fantastico, da favola, guardo Vienna e penso che non posso essere più felice di così, che qualsiasi cosa ci sia domani, qualsiasi evento passato o futuro non potrà separarmi da questa condizione "aerea" in cui sono, di felicità pura, di serenità interiore.
Mi sembra di essere in una bolla di sapone.
Ed ecco il momento della premiazione, prima di dare inizio alla cena. In questi momenti mi batte sempre il cuore, sempre, anche se so che non c'è speranza, perchè in realtà uno la speranza ce l'ha sempre.
E poi di solito leggono il titolo del paper e non è il mio, quindi il mio cuore rallenta, e riprende il suo ritmo solito.
Ma non questa volta, questa volta sento il titolo del mio paper, il mio nome, il mio lavoro!
Non ci posso credere, mi sembra un sogno, nascondo la testa tra le braccia, voglio piangere, ma non ci riesco, sono troppo felice ed incredula, Claudio dice che mi devo alzare e andare, ma le gambe non mi reggono, non credo di farcela, ma poi prendo fiato e vado.
Non parlo, non dico niente, forse faccio come tutti i computer scientist, ma forse questa volta traspare qualche emozione in più, chissà se si vede che sono felice, incredula, al settimo cielo, chissà se si vede...
Torno al mio posto e tutti mi dicono "Congratulations!", persone più anziane di me, persone conosciute e sconosciute, mi sorridono, mi stringono la mano e io abbraccio Claudio, abbraccio Fabio, abbraccio Florian, ridono un sacco, sarò proprio ridicola, ma chissà, non so, so solo che mi sembra di aver vinto i mondiali, mi sembra di essere per la prima volta dall'altra parte, non sul divano a guardare la TV e a tifare con il cuore in gola, mi sento sul campo ad alzare la coppa.
E penso a tutte le volte che guardando le olimpiadi pensavo a questi poveri atleti che passano anni ad allenarsi, che passano giorni e giorni a lavorare in attesa di quel momento ed in quel momento dimenticano tutte le fatiche e i giorni tristi.
Non ho parole per descriverlo se non con questa analogia, non riesco a spiegarlo e se ci provo rischio solo di banalizzare il tutto, per cui "shut up", sto zitta.
So solo che non dimenticherò, non dimenticherò e che in futuro spesso mi ritroverò a pensare a questa notte speciale, sorriderò e la coccolerò nei miei pensieri, cercando di non lasciar scappare l'emozione, di tenermela stretta sul cuore esattamente come in questo momento.

lunedì 26 aprile 2010

Ma perchè non può essere tutto perfetto?

E così sono ad un mese dal matrimonio, con un'ansia pazzesca, consapevole che non mi sentirò mai all'altezza e allo stesso tempo caparbia e con la voglia di andare fino in fondo. Con le fedi ancora da scegliere, il menu da definire, l'acconciatura che non me ne piace nemmeno una per sbaglio, il trucco da provare, il vestito che non arriva, i tacchi troppi alti e che non sopporterò più di 2 ore (ma ho già una soluzione per questo), la lista nozze che non c'è e tutti mi chiedono dov'è, gli invitati da sistemare nei tavoli, il viaggio di nozze...
Si ci abbiamo messo due mesi per scegliere la destinazione dei nostri sogni, e un giorno per realizzare che non potevamo più andarci.
E con un lavoro a metà tra due città, e sempre troppo da fare, un matrimonio ancora da organizzare, la paura che diventa ansia, io mi chiedo se e come arriverò a quel giorno.
Ormai sono giorni che entro ed esco dalla biblioteca con guide diverse...prima avevo comprato quella della tailandia, poi, dopo gli attentati e il comunicato della farnesina, abbiamo deciso che non era più il caso.
Allora proviamo ad andare in indonesia, o in malesia, o perchè non accoppiare l'india del sud allo sri lanka? Salvo poi scoprire che la stagione dei monsoni in india inizia a giungo.
E allora perchè non optare per mete classiche?
Tipo Seychelles, polinesia, caraibi? Ma tutto mi sembra meno della tailandia ora, ma possibile che una volta che mi ero finalmente decisa e che avevo trovato tutti gli ingredienti per il viaggio perfetto ci debba rinunciare?
E va be' sono un po' maniaca nei viaggi, deve sempre essere tutto perfetto, il miglior itinerario, i migliori hotel, la migliore compagnia, tutto.
Ma poi la vita non è perfetta e ti fa sempre brutti scherzi, ma perchè non si può avere tutto?
E' fisiologico, c'è una legge fisica che lo impedisce? O è solo questione di tempo? Cosa?
E' un po' come la mia vita odierna, riflettevo, divisa in due, quando sono a Trento sono felice dalla mattina alle 8 alle 7 di sera, sono contenta, faccio cose interessanti con gente interessante, rido, scherzo e mi sembra ci sia sempre il sole, anche quando piove.
Ma poi, alla sera, quando sono a casa, divento triste e malinconica, un po' alla Ally McBeal, mi pesa la casa vuota, mi pesa il cenare da sola, il divano vuoto...e mi manca solo il barattolone di gelato americano...che divoravo quando ero in US.
Mentre a bari mi sveglio triste, la giornata mi pesa fino alla sera, quando poi torno a casa e sono felice, la casa non è vuota, il divano neanche e c'è sempre qualcuno che mi strappa un sorriso.
Ecco! Perchè non si può unire la mattina di trento e la sera di bari, perchè non può essere tutto perfetto?
Perchè ci deve sempre essere qualcosa che ci manca, sempre e dovunque in qualunque posto noi siamo?
Paura, irrequietezza, amore, passioni, sconvolgimenti, desideri inespressi e gioie improvvise, insana voglia di ordine ed estremo rifiuto del disordine che c'è dentro, ingredienti immancabili della mia vita, o forse della vita di tutti, ma perchè non può essere tutto perfetto?

venerdì 12 marzo 2010

Le cinque persone che incontri in cielo

Recentemente ho letto un libro bellissimo: "Le cinque persone che incontri in cielo" di M. Albom. E' un libro che spiega le coincidenze della vita, o almeno quelle che noi consideriamo tali, ma che in realtà non lo sono, perchè sono intrecci di vite che hanno un senso, un significato che però sarà svelato solo dopo, in cielo appunto, quando incontreremo cinque persone che quel senso ce lo sveleranno, e tutto ci sarà chiaro, i dolori, le gioie, ma soprattutto i mille giorni che apparentemente uguali si sono succeduti senza scosse nella nostra vita.
A questo libro sono legate una serie di coincidenze, innanzitutto come l'ho trovato: su un comodino di ospedale.
Ero andato a trovare un amico, che aveva un piede ingessato e una montagna di libri sul comodino, al che mi sono chiesta se mai avrebbe trovato il tempo di leggerli tutti.
Prima di salutarlo gli ho detto: "Poi devi spiegarmi chi sono le cinque persone che incontri in cielo" e lui mi ha chiesto se volessi leggere il libro, perchè lui l'aveva già finito, al che, di slancio, gli ho detto: "perchè no?". Ho iniziato subito a leggerlo la sera stessa, è un libro dolce, tenero, che ti tocca al cuore, una sera ho pianto un sacco sentendo nel mio cuore lo stesso dolore che provava il protagonista del libro.
Però il finale, come promesso dalla quarta di copertina, ti spiega tutto quel dolore e anche la gioia e ti restituisce il sorriso rubato solo qualche pagina prima.
Tutto si fa chiaro e tutto ritorna sereno. Nel libro il protagonista è un manutentore di Luna Park, quelli vecchio stile, con le attrazioni che adesso non ci attraggono più, con le "case dei mostri", le ruote panoramiche e le montagne russe più basse dei tetti delle case.
Stasera, arrivando a Trento, ho avuto una visione, nel parcheggio davanti alla mia casa, la casa dove vivrò per questa settimana, l'ho visto, un luna park esattamente come me lo ero immaginato io, con le giostre "antiche" e ormai "passate di moda" che i parchi di divertimento hanno soppiantato nei sogni degli adolescenti. Il luna park della mia infanzia, il luna park del libro, se un senso c'è in tutto questo so che forse non mi sarà concesso di saperlo ora, ma solo dopo, un giorno lontano.