martedì 15 luglio 2008

Amsterdam:last chapter

E così sono tornata ad Amsterdam, era la mia ultima sera in questa città dalla planimetria a forma di ragnatela, la prima che è riuscita ad ingannare il mio infallibile senso dell'orientamento. C'erano gli europei di calcio, giocava la germania e per strada non c'era quasi nessuno, tutti nei pub a guardare la partita sui maxi-schermi, perchè in Olanda gli europei sono un evento-calamita.
Allora ho deciso di unirmi al popolo dei tifosi, dei "mad for soccer". Ho scelto un pub che era giusto all'angolo del canale dove era il mio hotel, così da stare tranquilla per il ritorno.
Sono così entrata in un classico pub olandese, full of people, con un maxi-schermo esagerato rispetto alle dimensioni del pub, il quale sembrava essere stato "messo insieme alla ben-meglio": sedie diverse, poltrone, divani, tavoli tutti diversi e anche un camino; ma aveva, forse proprio per questo, un'atmosfera molto accogliente e familiare.
Ho trovato un tavolo, ma non c'erano sedie, ho chiesto in giro e subito un gruppo di amici mi ha passato una sedia, la cameriera, che credeva di conoscermi, mi ha chiesto cosa volessi ordinare ed era anche lei molto friendly, mi sembrava di essere stata lì centinaia di volte e invece era la mia prima e unica. E così con una bionda chiara ho visto la partita, non esaltante, ma in fondo non è che riuscissi a concentrarmi molto sulla partita, guardavo il canale fuori dal locale, illuminato e romantico, mi guardavo intorno, cercando di capire, di scrutare, di conoscere una cultura diversa attraverso i loro volti.
E poi, proprio mentre ero lì, immersa nei miei pensieri, due persone mi hanno chiesto di condividere il tavolo, uno era un uomo su una sedia a rotelle e l'altra era una ragazza dall'aria, guarda caso, molto friendly. Abbiamo iniziato a parlare, e c'è stata subito empatia, perchè l'uomo aveva vissuto per diverso tempo in Italia e conosceva un po' di italiano e ha iniziato a raccontarmi del suo passato italiano, del bar che aveva sul litorale romano, della ex-moglie, figlia di famosi industriali romani che avevano la mania di fargli regali costosi, tipo quella volta che gli hanno fatto trovare una Lamborghini sotto casa!
La ragazza non era olandese, veniva dal Sud-africa, ma aveva vissuto per diverso tempo in Olanda, e tornava da un periodo di otto anni in Kuwait, era un ingegnere.
E così hanno iniziato a raccontarmi delle loro vite, come fossimo amici da sempre, lei mi ha confessato che era unita a lui da una passione comune, le donne, e che in Kuwait era stata con una donna italiana per diverso tempo, una donna che, però, le aveva spezzato il cuore.
E io mi chiedevo se era proprio il mio essere italiana che li rendeva così aperti e vogliosi di raccontarsi, perchè erano italiane le persone più importanti della loro vita. E mentre parlavano delle loro vite in giro per il mondo, io pensavo di vivere in un sogno, si, a breve mi sarei svegliata e avrei capito che era tutto un sogno, non poteva essere vero, non potevo bere birra e chiacchierare con due perfetti sconosciuti, che sconosciuti non erano più, che mi raccontavano delle loro vite con la voglia di condividere con me non solo il presente, ma anche il passato ed, eventualmente, un pezzo di futuro, se, per caso, un giorno fossi tornata ad Amsterdam.
Tornando all'hotel e pensando al loro girovagare, in diversi continenti, mi sono chiesta quale fosse per loro "casa" e se poi, alla fine, si può essere felici, senza mai mettere radici, o se lo si è più o meno, o se non conta, perchè forse, alla fine, non è importante dove ci si ferma, ma con chi...

"Mi piace sentire la forza di un'ala che si apre, volare lontano, sentirmi rapace, capace di dirti "ti amo, aspettiamola insieme l'estate". " (L'Autostrada, Daniele Silvestri)

giovedì 10 luglio 2008

Piccola deviazione: Leida

Il giorno dopo era riservato alla visita di Leida, città olandese famosa per avere la più longeva università di olanda, ma forse molto di più perchè a maggio milioni di turisti la invadono per assistere all'esplosione multicolore dei tulipani in fiore.
Siamo andati in giro con la bicicletta, rigorosamente, come dei veri olandesi, be' Guus lo era, io cercavo di adattarmi: all'inizio non è stato facile abituarsi al freno a pedale, ma poi, mentre pedalavo allegra lungo i canali, pensavo che una città in cui tutti usano la bici è bellissima, ci si dimentica del traffico, dei clacson, dello smog e si ricomincia a respirare, a non sentire i rumori, ma i suoni.
Leida è una tranquilla città, dove alla domenica la gente si riversa nelle decine di bar che costeggiano i canali a sorseggiare una bibita al sole, che, con mia sorpresa, non aveva nulla da invidiare al nostro sole italiano, quindi non è poi vero che in Olanda piove sempre...o sono io che sono fortunata?
Abbiamo visitato un mulino a vento, uno dei simboli dell'Olanda insieme al tulipano, anche se non tutti sanno che entrambi questi simboli non sono olandesi "di nascita" e sono "importati", ma non si sa come e perchè sono diventati il simbolo della nazione arancione.
E' stato bellissimo arrampicarsi per le scalette di legno ripide e strette e scoprire i meccanismi interni, e poi affacciarsi al balcone da cui, sfidando il mio senso di vertigine, ho potuto toccare le pale del mulino, giganti!!!
A sera Guus mi ha accompagnato alla stazione, questa volta in due su una bici sola, traballanti, come in un film degli anni cinquanta. Ci siamo salutati con la promessa di ritrovarci in Italia la prossima volta, e il nostro non è stato un addio, solo un arrivederci, ad un giorno indefinito in un anno sconosciuto, ma prima o poi, se passi da queste parti...

lunedì 7 luglio 2008

Amsterdam: you can never tell...

Durante la mia settimana olandese sono passata a trovare Guus, mio former coinquilino ad Ann Arbor e compagno di avventura nei miei mesi americani. Il pensiero di rivederlo lì, nella sua terra, mi faceva pensare, mentre ero sull'aereo, che era strano rincontrarsi e che forse questa non sarebbe stata la prima volta, che mi sarebbe capitato ancora, d'ora in poi, di incontrare gli amici conosciuti ad AA in giro per il mondo. Noi, legati da un filo sottile, invisibile per la maggior parte del tempo, ma che diventa suddently chiaro e tangibile quando le strade della nostra vita si incrociano per caso, in maniera inaspettata, proprio come in questo momento.
Ero contenta, non che avessimo legato in maniera particolare, ma avevamo condiviso la stessa casa, lo stesso iniziale senso di spaesamento, la stessa gioia una volta trovato il nostro equilibrio in una nuova realtà, la stessa malinconia al momento di partire e voglia di tornare nel paese delle opportunità. Avevamo anche sopportato le stesse manie della nostra landlady, che, giusto per informazione, al momento è sparita, cellulare staccato, nessuno che ha notizie di lei da tempo e i cinesi che vivono ormai indisturbati nella sua (ma lo sarà ancora per molto?) casa.
E così è venuto a trovarmi ad Amsterdam, dove abbiamo trascorso una tranquilla giornata: al museo di Van Gogh mi ha aiutato a scegliere le stampe di alcuni dei dipinti, volevo (nel più classico dei modi) portare per sempre con me un pezzo di quel bellissimo museo. Poi abbiamo preso una birra insieme a piazza Rembrandt ed un caffè, rigorosamente olandese, lungo i canali.
E lì ho scoperto che non aveva mai visitato il quartiere a luci rosse, e che non condivideva molto lo stile di vita "apparente" di Amsterdam. Dico apparente perché gli olandesi sono persone molto liberali, che vivono e lasciano vivere, ma poi a loro della finta libertà cercata e trovata ad Amsterdam dai turisti non importa poi molto, forse perchè, poi, sanno che quella non è la vera libertà.
Alla fine della giornata siamo tornati in albergo e questo era inaspettatamente chiuso, non si poteva entrare perchè la ragazza della reception era impegnata: "walking the dog" la scritta sulla porta. E allora ci siamo seduti su una panchina lungo il canale e dopo poco si è avvicinata una signora, ci ha chiesto di condividere la panchina ed abbiamo subito scoperto che anche lei era una cliente dell'hotel che aspettata la receptionist. E' poi arrivato anche il marito e abbiamo così scoperto che erano una coppia di americani in vacanza per il 50esimo compleanno di lui. Lui aveva appena comprato dei sigari, ottimi, a quanto mi ha detto guus dopo, e ce li ha offerti, Guus ha accettato, io però ho declinato l'invito dicendo: "I do not know how to do that!" e allora la moglie mi ha offerto un bicchiere di vino dalla bottiglia di rosso che aveva con sè e lì non ho detto di no e allora l'americano mi ha detto: "you know how to do that!" e abbiamo riso tutti insieme, come fossimo compagni di sempre e invece eravamo solo compagni di attesa. Stiamo stati lì a parlare di tutto per almeno tre ore, di Bush, dell'America, dell'Europa, di Obama e ho scoperto che loro erano veri supporter, di quelli che fanno le telefonate e sono impegnati attivamente e si commuovono quando lo sentono parlare.
Erano curiosi, volevano sapere dell'Italia, dell'Olanda, delle nostre culture, avidi di conoscerci, di capire, di comprendere perchè è così diverso quello che è diverso da loro. Insomma, degli americani atipici. Quando ci siamo salutati quasi non avremmo voluto e ci siamo scambiati gli indirizzi email, perchè così, magari un giorno, ci saremmo rivisti, non si sa mai, se vi capita di passare dal Texas...