
Ho il visto.
Finalmente.
Ieri, quando me l'hanno consegnato attraverso la grata del cancello del consolato di Napoli, ho realizzato.
Lì, con il mare davanti e il Vesuvio che dominava tutto dall'alto, come nelle più classiche delle cartoline, la mia prospettiva è cambiata.
E' da maggio che è cominciata la mia odissea per la preparazione dei documenti per il visto e in tutto questo tempo ero così presa dal preparare, firmare e far firmare, richiedere, fotocopiare, inviare, che non mi sono resa conto.
Il modulo DS-2019 mi è arrivato esattamente un giorno prima della mia intervista per il visto, ed i giorni precedenti non ho fatto altro che tracciare il suo percorso dagli Stati Uniti all'Italia, sperando arrivasse in tempo.
E in tutto questo tempo non mi sono mai fermata a pensare.
Non ero poi entusiasta di partire, gli Stati Uniti non mi sono mai andati troppi a genio e ogni volta che torno di lì sono sempre più critica.
Insomma, prendevo questa cosa come "qualcosa che andava fatta e basta" e ho proceduto a testa bassa tutti questi mesi...fino a ieri.
Ho alzato la testa.
Ho visto tutto da una prospettiva diversa.
Ho visto.
Ho visto tutte quelle persone lì in fila. Ho ascoltato le loro parole, guardato nei lori occhi e capito.
Occhi di speranza.
Così rara nei nostri giorni spenti che trovarne tanta tutta insieme e diversa non poteva che aprirmi gli occhi.
C'era un gruppo di siciliani, avevano viaggiato tutta la notte e si accingevano a ritornare in Sicilia...erano felici.
Un ragazzo, andava a fare una tournée negli USA, uno spettacolo teatrale con una compagnia napoletana, una ragazza, andava a fare la tesi in un'azienda. Chi andava a studiare e chi a lavorare, un unico comune sentimento: la speranza.
E ho capito.
Ho capito che, per tutti, quello non era un visto, era il "lasciapassare" per il mondo delle possibilità, era linfa vitale per le loro vite, guardavo i loro occhi e vedevo che tutti pensavano che quel piccolo foglietto incollato al passaporto avrebbe potuto cambiare le loro vite...e indipendentemente dal fatto che questo potesse essere vero o no, era bello vederli sperare, vederli credere nel loro sogno.
E allora ho iniziato a sperare anch'io, ho cambiato prospettiva, anche per me "quel fogliettino" poteva essere "una nuova via", linfa vitale, nuova linfa. E leggendo la data sul visto, 14 MARZO 2008, ho realizzato che sarebbero passati 6 mesi, che probabilmente alla fine di essi sarei stata una nuova persona, una persona diversa, perché arricchita da una nuova esperienza, che mi avrebbe certo permeata e permeandomi arricchita.
E guardando il visto sorridevo e avevo anche io gli occhi colmi di speranza.
1 commento:
Oh così mi piace!!! Nel bene o nel male sarà un'esperienza e sarà molto più intensa che se tu restassi nella tua casa, nella tua città o con gli amici di sempre!! VIVI!!!
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