domenica 11 novembre 2012

Volersi bene


E’ da un po’ di tempo che ho scelto di escludere il glutine dalla mia alimentazione. Quando lo dico in giro di solito la prima reazione è: “ma perché? sei celiaca?”. All’inizio non sapevo cosa rispondere, dicevo no, è solo che sto meglio da quando non lo mangio. Di solito questo provocava infinite discussioni sul perché e percome e sul non doversi “curare da soli” e stare attenti a bilanciare l’alimentazione e andare dai dottori o semplicemente non stare a “rompere le scatole con seghe mentali” (magari non lo dicevano, ma lo pensavano).
Adesso, invece, taglio corto dicendo che sono intollerante e basta, e di solito la discussione finisce lì e nessuno rompe a me le scatole. Questo mi ha fatto riflettere su come spesso le persone sono concentrate sulla malattia e non sullo stare bene. E sul come cambia drasticamente la prospettiva nel dire “Mi fa stare male mangiare glutine” invece del “Mi fa stare bene non mangiare glutine”, la prima frase è di gran lunga più accettata della prima, senza fare troppe discussioni. Come se la malattia fosse più accettata rispetto alla voglia di una persona di stare meglio.
E poi, la seconda cosa che mi ha stupito è vedere le reazioni che questa cosa provoca. A parte che in Italia è difficilissimo seguire una dieta gluten-free, in primis perché è tutto a base di glutine: pasta, pane, focacce, pizze, torte e dolci in genere. E poi perché la gente non accetta che tu possa non voler mangiare questi alimenti che sono alla base della dieta mediterranea e della loro dieta e ti guarda semplicemente come un rompiscatole (se hai detto che il glutine non lo mangi per scelta) o con compassione (se hai inventato che sei celiaco o intollerante). Ieri mentre ero a cena in un ristorante mi è capitato di discutere con un mio amico di questa scelta e della mia scelta di non mangiare carne rossa, latte e latticini. Dopo avermi guardato con gli occhi sbarrati, mi ha detto che lui non avrebbe mai potuto fare una scelta così drastica, in quanto la vita è già piena di rinunce, quindi perché privarsi anche del piacere del cibo?
Posto che credo che non esista una ricetta che vada bene per tutti, io ho cercato di spiegargli che in realtà per me non è una rinuncia, che forse lo è stata all’inizio, ma che quando ho iniziato a vederne i benefici per me non è più stata una rinuncia: io se vedo un pezzo di pane o un piatto di pasta non sono dilaniata dal fatto di non poterlo mangiare, non lo desidero, tutt’altro, semplicemente non ho voglia di mangiarlo perché so che fa male al mio corpo, e io non voglio farmi male perché mi voglio bene. Volere bene al proprio corpo è il primo passo per stare meglio e per iniziare a volersi bene e rispettarsi nella propria interezza, corpo, sentimenti, sogni e desideri, tutto.
Non si tratta di rinunciare, ma piuttosto di imparare ad amare, se stessi, che è il primo passo per poter amare in maniera sana anche gli altri.

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