venerdì 10 aprile 2009

Eskimo

Qualche settimana fa sono capitata a Roma per caso, solo un week-end. Appena arrivata ho preso il bus che dalla stazione termini mi avrebbe portato a casa di mio zio e per ingannare il tempo ho preso a leggere uno di quei giornali gratuiti che la gente legge sui mezzi di trasporto pubblico e poi abbandona lì, per il prossimo passeggero.
Stavo sfogliando distrattamente le pagine, quando ho letto una notizia che mi ha fatto sobbalzare, e controllare più volte la data sul mio giornale, e poi sull'orologio e poi sul giornale e poi, poiché non mi sembrava vero, ho chiesto anche ad un ignaro signore che era lì accanto.
Ecco la notizia: Francesco Guccini in concerto, domani al Palalottomatica!
Ora per capire il mio entusiasmo alle stelle uno dovrebbe conoscere:

A- la mia sfrenata passione per questo cantante dall'età di sedici anni, prima musica seria ascoltata, primi moti di ribellione associati, tutte le canzoni più importanti imparate a memoria, i CD rigorosamente originali.
B- quanti pochi concerti Guccini faccia al sud e quindi la “quasi impossibilità” di incontrarlo live.

A questo proposito apro una piccola parentesi: nella mia vita da fan ho visto Guccini in concerto per tre volte: una volta ad Andria, una a Lecce ed una a Bari. Il concerto di Bari è stato forse il più brutto, una sera freddissima di settembre che sembrava gennaio, poca gente, poca voglia e io con la testa già in Michigan, eh si, perchè di lì a qualche giorno sarei partita. Però è stato quello che ha avuto l'epilogo più cinematografico e indimenticabile.
Finito il concerto andiamo a mangiare una pizza e dopo un po' chi ti arriva nella pizzeria? Proprio lui, con tutta la band, i musicisti e la compagna, roba da soccombere di emozione. Una cosa che se me l'avessero detta a sedici anni avrei pagato oro, ci avrei messo diecimila firme, ma non ci avrei creduto, non ci avrei mai creduto si potesse realizzare davvero. E si, perchè questo è un sogno di quelli che fai ad occhi aperti, quando ascolti le sue canzoni o magari leggi su internet di chi l'ha incontrato in pizzeria per caso e pensi come sarebbe (bello) se capitasse anche a te. Certo, confesso che se fosse successo a 16 anni forse mi sarebbe venuto un infarto, però, anche quindici anni dopo, l'emozione è stata forte. Ad un certo punto della serata, dopo aver smesso di guardarlo attonita, sono anche riuscita ad avvicinarmi e chiederli di poter fare una foto insieme, ma, soprattutto, sono riuscita a stringergli la manona! E poi in quei casi vorresti dire un sacco di cose, vorresti dire frasi intelligenti, che restino impresse, che ti distinguano nella massa indistinta dei fan, ma quali frasi intelligenti puoi dire in quei casi? Probabilmente nessuna e allora o resti zitta o finisci col dire una frase banale.

Ma questa era una parentesi, torniamo a Roma, torniamo al giornale, a quel concerto di Guccini. Dopo l'euforia iniziale un dubbio si affaccia subito alla mente: ma ci saranno ancora i biglietti?
Tempo di arrivare a casa, chiamo, tutto esaurito, internet tutto esaurito, provo su i siti di annunci, magari qualcuno li vende, niente. Ed ecco che poi arriva mio zio, con l'idea di andare lo stesso e comprare là i biglietti. Premetto che ciò mi creava un “forte” problema morale, non amo il bagarinaggio e soprattutto chi approfitta delle passioni della gente.

E qui apro un'altra parentesi, ma questa volta proprio piccola, avevo acquistato i biglietti per il 6 nazioni di rugby, non potendoci più andare, li ho venduti su internet. Ho avuto la tentazione di venderli ad un prezzo di poco maggiorato, senza arrivare al x5 degli altri su eBay, ma poi mi sono ricordata dei post di Marco Travaglio, del senso di legalità che da un po' mi permane, e ho venduto il tutto a prezzo di costo. Un po' mi è costato fatica, all'inizio, ma sono sicura di aver fatto la scelta giusta ed è questo, alla fine, l'unica cosa che conta.

Torniamo a Roma, mio zio supereroe esce un po' prima da lavoro, passa a prendermi, e andiamo. Fa freddo e di biglietti nessuna traccia. Stiamo fuori due ore, dopo un po' inizia anche a piovere, io voglio andare via, ho freddo, non ce la faccio più e non voglio più vedere gente felice con il biglietto che entra senza problemi, e va bene, sarà per un'altra volta...
Ma mio zio non desiste, a mezz'ora dal concerto ci offrono dei biglietti a prezzi immorali, dopo un po' iniziano a scendere, quando scendono a prezzi accettabili do a mio zio il consenso, va bene, possiamo comprarli, d'altronde, penso, questo potrebbe essere l'ultimo concerto che vedrò, Guccini andrà prima o poi in pensione o io, prima o poi, non ci potrò andare più...
Entriamo felici, io ho ritrovato l'entusiasmo, è così bello vedere quanto sia variegato il pubblico, che va dai sedicenni esaltati (come lo ero io) ai sessantenni pieni di risorse (come è ancora Guccini).
Entra, noi siamo vicinissimi al palco, posso vederlo benissimo, si parte con la solita canzone.
Il concerto scorre via troppo veloce, lui parla tanto, ed è arguto e sagace come sempre.
Canta le sue canzoni più belle, quelle che mi piacciono di più.
E il concerto vola via veloce, sino alla Locomotiva, e come sempre la voce non mi basta, dopo 2 ore di canzoni, non ce la faccio mai a gridare come vorrei: “...e sembra dire ai contadini curvi, quel fischio che si spande in aria, fratello non temere che corro al mio dovere, trionfi la giustizia proletaria, trionfi la giustizia proletaria, trionfi la giustizia proletaria!”
In tutto ciò, l'unica nota stonata è che noto, per la prima volta, in quante sue canzoni ci sia la parola ventanni, come in “Farewell”: e sorridevi e sapevi sorridere, con i tuoi ventanni portati così, come si porta un maglione sformato su un paio di jeans o in “Eskimo”: perchè a ventanni è tutto ancora intero, a ventanni è tutto o chi lo sa, a ventanni si è stupidi davvero, quante balle si hanno in testa a quell'età.
E penso che io di anni ne ho ventinove, e che quello è sicuramente l'ultimo concerto di Guccini in cui sono nella fascia dei venti e mi posso immedesimare in quel “quante balle si hanno in testa a quell'età”, e poi anche se non ne ho ancora trenta è già un po' vero che ormai “non è più tutto intero”. Rifletto su questo e sono un po' triste, ma solo un po', per un momento penso anche che non andrò più ad un suo concerto per non sentire più quelle frasi, ma so già che è solo il pensiero di un momento, che domani avrò già dimenticato.
Torniamo dal concerto, le parole di Eskimo mi ritornano in mente, sento che inizio a “vivere davvero la canzone”. Mio zio, a casa, vuole farmi vedere una cosa, apre l'armadio e scopre, non credo ai miei occhi, un eskimo! Ormai a lui non va più, troppo stretto, ma non so perchè lo conserva lo stesso, vorrebbe regalarmelo, lo provo, troppo grande!
E penso ancora alla canzone, a quell'eskimo troppo piccolo per lui e troppo grande per me, che un giorno, però è stato (o sarà) giusto, per entrambi, ora non ancora o non più. E penso che è la vita, che purtroppo non si può fermare, ma ogni volta è qualcosa in più, un ricordo, una canzone, un'emozione.

Nessun commento: