E’ da un po’ di tempo che
ho scelto di escludere il glutine dalla mia alimentazione. Quando lo dico in
giro di solito la prima reazione è: “ma perché?
sei celiaca?”. All’inizio non sapevo cosa rispondere, dicevo no, è solo che
sto meglio da quando non lo mangio. Di solito questo provocava infinite
discussioni sul perché e percome e sul non doversi “curare da soli” e stare
attenti a bilanciare l’alimentazione e andare dai dottori o semplicemente non
stare a “rompere le scatole con seghe mentali” (magari non lo dicevano, ma lo
pensavano).
Adesso, invece, taglio
corto dicendo che sono intollerante e basta, e di solito la discussione finisce
lì e nessuno rompe a me le scatole. Questo mi ha fatto riflettere su come
spesso le persone sono concentrate sulla malattia e non sullo stare bene. E sul
come cambia drasticamente la prospettiva nel dire “Mi fa stare male mangiare glutine” invece del “Mi fa stare bene non mangiare glutine”, la prima frase è di gran
lunga più accettata della prima, senza fare troppe discussioni. Come se la
malattia fosse più accettata rispetto alla voglia di una persona di stare
meglio.
E poi, la seconda cosa
che mi ha stupito è vedere le reazioni che questa cosa provoca. A parte che in
Italia è difficilissimo seguire una dieta gluten-free, in primis perché è tutto
a base di glutine: pasta, pane, focacce, pizze, torte e dolci in genere. E poi
perché la gente non accetta che tu possa non voler mangiare questi alimenti che
sono alla base della dieta mediterranea e della loro dieta e ti guarda
semplicemente come un rompiscatole (se hai detto che il glutine non lo mangi
per scelta) o con compassione (se hai inventato che sei celiaco o
intollerante). Ieri mentre ero a cena in un ristorante mi è capitato di
discutere con un mio amico di questa scelta e della mia scelta di non mangiare
carne rossa, latte e latticini. Dopo avermi guardato con gli occhi sbarrati, mi
ha detto che lui non avrebbe mai potuto fare una scelta così drastica, in
quanto la vita è già piena di rinunce, quindi perché privarsi anche del piacere
del cibo?
Posto che credo che non
esista una ricetta che vada bene per tutti, io ho cercato di spiegargli che in
realtà per me non è una rinuncia, che forse lo è stata all’inizio, ma che
quando ho iniziato a vederne i benefici per me non è più stata una rinuncia: io
se vedo un pezzo di pane o un piatto di pasta non sono dilaniata dal fatto di
non poterlo mangiare, non lo desidero, tutt’altro, semplicemente non ho voglia
di mangiarlo perché so che fa male al mio corpo, e io non voglio farmi male
perché mi voglio bene. Volere bene al proprio corpo è il primo passo per stare
meglio e per iniziare a volersi bene e rispettarsi nella propria interezza,
corpo, sentimenti, sogni e desideri, tutto.
Non si tratta di
rinunciare, ma piuttosto di imparare ad amare, se stessi, che è il primo passo
per poter amare in maniera sana anche gli altri.