giovedì 2 ottobre 2008
La dolce fiaba di Zagabria
Scrivo dal settimo piano del Westin hotel di Zagabria, davanti a me i due campanili illuminati della cattedrale e un gigantesco manifesto che ricopre un intero palazzo e consiglia di bere una birra croata.
Più in là le luci del museo, automobili che portano chissà chi, chissà dove, e poi io qui, al settimo piano, ancora a scrivere, a scrivere sul mio blog.
Ormai inizio a credere che il vero scopo del mio andare per conferenze sia per avere, poi, qualcosa da scrivere sul blog.
Ormai la parte scientifica della conferenza non mi interessa più, sono molto più interessata alla parte "antropologica e sociologica", all'osservare i miei consimili, all'osservare la gente del posto, al cercare di capire i posti pur standoci alla fine poco e niente.
A Zagabria ci sono i tram e oggi, ogni volta che ne passava uno, cercavo di scrutare i visi, gli sguardi, cercavo di capire. Mi chiedevo se quei tram erano pieni di persone che tornavano dal lavoro alle loro abitazioni, di studenti, proprio come gli autobus in Italia, con l'unica differenza che loro, nei tram, erano più biondi. Attraverso i loro occhi cercavo di scrutare la loro vita e di immaginarla, di scrutare i loro pensieri, le loro preoccupazioni, per la prossima cena o per il futuro.
Adesso sono qui che scrivo, nella mia stanza, con il lettone a due piani, pieno di soffici cuscini, sprofondata nella poltrona e, ogni tanto, guardo fuori dalla finestra per ricordarmi che sono qua.
Ho perso il conto, non so che viaggio è questo, quanti ne ho fatti, ma ricordo che la mia prima conferenza l'ho fatta in Croazia, tre anni fa, e non avrei mai immaginato che poi avrei fatto tanta strada e, naturalmente, non parlo in senso metaforico.
Mi trovo in questo albergo super-lusso e non so neanche come e perché, ma ci sono.
E mi ricordo quando bambina, passeggiando per le vie di Roma con i miei genitori, vedevo "la gente ricca" entrare in questi posti e pensavo: io non potrò mai permettermelo e poi subito dopo pensavo che forse si, magari, un giorno, se avessi sposato un principe, forse...e iniziavo a fantasticare, a vivere le vite dei personaggi misteriosi che vedevo entrare nelle porte a vetri girevoli e che mi sembravano così lontani, eppure così a portata di immaginazione, pronti a diventare personaggi dei miei fantasiosi viaggi mentali.
Oggi sono entrata per una di quelle porte di vetro girevoli e, come al solito, la cosa non mi sembra più tanto importante, i traguardi, quando li raggiungi, sembrano sempre un po' scontati.
Eppure, anche se non ho sposato un principe, o perlomeno non ancora, stanotte, mentre guardo il cielo di Zagabria, mi sento in una fiaba, una dolce fiaba.
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