Dov'ero? Dove sono? Sono in Italia, e questa è la più facile delle risposte, le altre non le ho o non le ho ancora trovate. Sono in Italia, da 15 giorni, alle prese con il cultural schock da reverse immigration, a capire che cosa si può definire casa e se sono finalmente at home. I primi giorni sono stati brucianti. Bruciava forte nel cuore la nostalgia, la malinconia, la voglia di tornare, la tristezza di sapere che un capitolo si era chiuso per sempre. E non riuscivo a guardare avanti, mi sentivo estranea nei miei luoghi, che solo sette mesi prima erano stati miei, non riuscivo a sentirmi a casa. Alla mattina non sopportavo ( e non sopporto ancora) il traffico estenuante e la gente che suona appena scatta il verde e le macchine che ti tagliano la strada da destra, da sinistra, da sopra e da sotto e guidare è un percorso di guerra, più che un percorso e basta. Non riesco più a considerare normali le inefficienze croniche di questa italia martoriata, che mi sembra sempre più allo sbando.
Questa italia che tira a campare, e gli italiani che sono ormai convinti che è così che deve andare e non può essere altrimenti.
E nessuno si scandalizza più e nessuno neanche protesta più, perchè è normale che sia così, ma non è normale che sia così se vogliamo definirci un paese civile e, purtroppo, non lo siamo più e chi sa se lo siamo mai stati.
Non riesco a sopportare di non trovare il sapone nei bagni dell'università, che gli ambienti non siano perfettamente puliti o che le segretarie, quando fanno il loro lavoro, sembra ti stiano facendo un favore, anzichè il loro dovere.
E' dura aver vissuto per tanto tempo in un mondo dove tutto funzionava ed era un mondo dove tutto era come doveva essere ed andava come doveva andare e poi tornare nel mondo come non dovrebbe essere e niente va come dovrebbe andare.
Il sogno americano, ora so che cos'è e so anche che non è un sogno.
E poi mi manca tutto della mia vita ad Ann Arbor, anche la neve. Mi manca andare nei coffee shop a fare finta di lavorare, seria, ma non troppo; mi mancano i grandi spazi aperti, la natura fuori dalla porta di casa, anzichè in un parco circondato dal traffico. Mi manca uscire di casa e iniziare a correre tra le case di Ann Arbor, insieme ad un altro manipolo di "i-pod guys", che ti fanno amare questo sport, e ti fanno sentire quasi in colpa se non lo corri anche tu. Mi mancano i miei amici, mi chiedo come stiano andando avanti le loro esistenze senza me, come la vita va avanti ad Ann Arbor ora che è primavera, e un giorno c'è il sole e il giorno dopo di nuovo la neve. Al supermercato mi dimentico di mettere la roba nelle buste, perchè al supermercato americano non lo facevo mai, vado in giro con il thermos con dentro caffè americano, ma qualche volta mi accompagno ai miei amici qui, che adorano l'espresso. E per quanto il risultato possa essere un eccesso di caffeina, cerco di riabituarmi al mio vecchio ritmo di vita, senza abbandonare quello appena passato. E sono stati solo sette mesi, ma mi sembra una vita, e non so più se i miei amici qui sono quelli che erano o sono cambiati, ma di una cosa sono certa, io sono cambiata. E ne sono fiera, anche se il risultato è questo senso di disorientamento, che non mi da' stabilità e mi sento in equilibrio precario, come la pallina sulla cima del monte ed è una grande fatica restare in cima e non scivolare giù, sempre più giù. Devo trovare dei punti fermi, devo ritrovare le mie abitudini, devo ritrovare le persone che amo, devo ritrovare la mia vita, devo ritrovarmi. Devo capire dove sono, ma soprattutto dove voglio essere.
sabato 3 maggio 2008
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