giovedì 3 aprile 2014

“…avevamo il mondo in tasca, nella testa sogni…”

Cara A.,
stavo pensando di scrivere un post su fb, ma poi perchè rendere tutto pubblico, ai nostri amici, conoscenti e amici per caso? Meglio scrivere qui dove non ci conosce nessuno, ma legge solo chi vuole, senza odiose notifiche. Volevo scriverti, quando ho ascoltato questa canzone. Ti ricordi i nostri vent’anni, i miti, gli eroi? Quando Renga faceva questi bei CD, sulle cui canzoni ci interrogavamo per pomeriggi interi, o la mattina on our way verso l’università, discutendone il testo, la musica, ripetendoci all’infinito le frasi che risuonavano ogni giorno nuove, ogni giorno con un nuovo significato da cogliere. E ti ricordi le cassette? Ai nostri tempi esistevano ancora le cassettine che si consumavano a furia di sentirle. Chissà se ci saremmo immaginate dove siamo arrivare ora, tu con una bambina e io con una mandria di adolescenti scatenati che rendono confuse le mie giornate.

…la vita è una corsa e ti toglie il fiato…

Però dai nostri vent’anni ai trenta tutto è cambiato, ma c’è qualcosa che è rimasto uguale, le sensazioni che provo ascoltando questa canzone, la certezza che anche tra dieci anni, quando ci rincontreremo e saremo ancora diverse, la nostra amicizia sarà la stessa. E quindi faccio un brindisi virtuale a questa bellissima amicizia, a noi, a quello che siamo diventate e a quello che diventeremo, ai nostri sogni, al nostro avere il mondo in tasca.



lunedì 3 marzo 2014

Ogni maledetto lunedì su due

Oggi voglio fare un piccolo regalo a tutti i lettori del mio blog, a chi non lo conoscesse già voglio presentare ZeroCalcare. L’ho conosciuto per caso, clikkando distrattamente un link di quelli che gli amici, distrattamente, pubblicano su facebook ed è stato subito amore!
La cosa che mi ha folgorato era l’ironia delle sue strisce associata alla normalità disarmante delle vicende da lui raccontate. Ciò che racconta Zero potrebbe essere la storia di ciascuno di noi, i suoi pensieri potrebbero tranquillamente essere i nostri, anche se non pensati con l’accento romano che te lo rende subito simpatico.
Insomma, le sue strisce sono una pillola di felicità, un raggio di sole, un ampio e liberante respiro nelle mie troppo frenetiche e stressanti giornate.

Ho iniziato a prenderlo a piccole dosi, sul suo blog, poi, a poco a poco, dopo aver letto a ritroso un po’ delle sue strisce, ho deciso che così non potevo andare avanti, dovevo comprare i suoi libri, sfogliare la carta, gustarmelo come si gusta un vero fumetto.

Ho comprato il suo primo libro che, tra l’altro, è a colori (felicità!) e mi ero ripromessa: “Bene, adesso non più di una o due strisce a sera, prima di andare a letto, tipo medicina, non abusiamone, altrimenti chissà gli effetti collaterali!”, però, come per le ciliegie, razionare non è stato possibile, entri in quel vortice del: “un’altra ancora e poi vado, giuro, chiudo e mi metto a dormire”. E così ho divorato il libro in tre giorni, facendo un enorme sforzo per farlo durare qualche giorno e non sbranarlo in un’unica notte. Una volta finito, ho iniziato a rileggerlo dal principio, perché non volevo, nella foga del momento, essermi persa qualcosa e perché le strisce di Zero non invecchiano mai, anzi, la seconda lettura è stata forse più bella della prima, perché nell’apparente banalità della sua vita di tutti i giorni, che poi potrebbe essere la nostra, si va comunque in profondità: le nostre paure, le nostre aspirazioni, i sogni, le ansie, i genitori, la coscienza, tutto, visto da un’altra prospettiva, può sembrarci meno tragico, meno urgente, meno pesante, Zero con le sue strisce può regalarci quei cinque minuti di felicità che ci scrollano per un attimo l’armadillo di dosso regalandoci un po’ di leggerezza. Grazie Zero, ci vediamo lunedì, anzi, ogni maledetto lunedì su due! :-)

giovedì 20 febbraio 2014

Acqua sotto i ponti

E’ un po’ di tempo che non scrivo sul blog, da allora, come si suol dire, ne è passata di acqua sotto i ponti. E’ passato quasi un anno e se leggo il mio ultimo post mi sembra di non aver fatto molta strada anche se molto di ciò che è intorno a me è cambiato, io, invece, non sono cambiata, mi sembra di essere ancora quella bandieruola attaccata al palo che, in balia dei venti, non ne segue nessuno.
Però diciamo che qualcosa di sostanziale è successo, ho vinto il famoso Concorsone, il concorso a cattedra 2012!!! Non è stato facile, mi ha richiesto enormi sacrifici, studio nelle ore notturne e nei weekend, mi sembrava di impazzire, non avevo più un minuto libero (nemmeno per il blog come si è visto!), appena tornata a casa da lavoro mi mettevo subito a studiare, la mattina in macchina studiavo (quando non guidavo io naturalmente :), la sera in macchina studiavo, tutte le feste comandate studiavo, studiavo, studiavo e andavo avanti. Con tenacia e determinazione ho passato prima lo scritto, poi la prova pratica e infine mi sono superata in un orale in cui ho preso il massimo dei voti. In quel momento mi sono sentita invincibile, uno di quei pochi momenti della vita in cui senti che niente può farti male perché tu sei più forte di tutto, perché hai appena scalato la montagna, sei sulla vetta del K2, sei sul gradino più alto del podio, hai la coppa tra le mani.

E finalmente un po’ di meritato riposo ad Agosto. E poi il tempo è ripreso a scorrere velocemente, in una settimana, l’ultima di Agosto, la mia vita è cambiata. Mercoledì convocazione per Venerdì per andare a scegliere la sede, Lunedì ero già a scuola per il mio primo collegio dei docenti.  Poi non so cosa sia successo, dove siano finiti tutti i miei sogni e tutte le mie belle speranze, ma si sono perse di colpo quando mi sono scontrata con la realtà. La realtà della Scuola che non è esattamente il posto poetico che mi ero immaginata, un lavoro che è così diverso dalle mie aspettative e da ciò per cui pensavo di aver lottato per un anno intero. Di colpo mi sono ritrovata a essere in un posto invidiato da tutti, e ho iniziato a chiedermi come e perché ci ero finita. Lo so che molti vorrebbero essere al posto mio e so anche che a molti daranno fastidio queste mie affermazioni e che molti mi accuseranno di non apprezzare quello che ho adesso. Mi rendo conto che ci sono insegnanti nella mia scuola che hanno 44 anni, 10 più di me, e non sono ancora di ruolo e non sanno se lo saranno mai. Insegnanti con anni di precariato alle spalle che darebbero di tutto per essere al posto mio e non capiranno il mio discorso, ma vi rimando a un prossimo post in cui vi parlerò di quello che significa per me essere insegnanti.
Alla fine credevo che avrei trovato un porto sicuro nella scuola, un nuovo inizio, un porto dove finalmente riposare le mie stanche membra e infine eccomi qua, nuovamente a chiedermi se sono nel posto giusto.
Sto cercando di capire dove ho sbagliato e quale sia la soluzione:
A – nessun posto può essere per me il posto giusto, mi sentirò sempre nel posto sbagliato
B - non sono ancora nel posto giusto perché sbaglio il criterio con cui faccio le mie scelte, dovrei seguire un po’ più l’istinto e meno la razionalità
C- il posto giusto non esiste

Avanti, le votazioni sono aperte! Aperti i commenti, per questa domanda che sembra tanto somigliare alla domanda sulla vita, l’universo e tutto quanto, ma la risposta, badate bene, non può essere 42! O forse lo sbaglio sta proprio nel voler cercare a tutti i costi una risposta, una strada, un senso, un significato. Forse bisognerebbe convincersi che non è dove si arriva, ma come si arriva, come si vive ogni giorno, giorno dopo giorno. Difficile, io ci sto lavorando, faticosamente ogni giorno e non lo so se ci riesco e non lo so se tra un anno mi ritrovo a riscrivere lo stesso post, di nuovo banderuola, di nuovo in balia del vento.